domenica 14 giugno 2015

Charles Marion Russell




Charles Marion Russell è un pittore molto famoso per le sue immagini sulla vita nel west.
Nato nel 1864, ossia nel pieno della corsa verso la conquista dell’ovest, non avrebbe potuto rappresentare meglio la realtà del suo tempo.
All'inizio del 1888 Russell passò un periodo vivendo tra i Blood Indians, una tribù dei Blackfoot.
Si crede che molta della sua dettagliata conoscenza degli indiani provenga da questo periodo.
Dopo il ritorno tra i bianchi nel 1889 trovò la contea di Judith Basin piena di coloni, per cui vi lavorò per un paio di anni prima di insediarsi nella zona di Great Falls (Montana) nel 1892, nel tentativo di guadagnarsi da vivere come artista.


Nel corso della sua vita professionale, Russell ha dipinto circa 2.000 tele, ritraendo indiani, pionieri, trapper, paesaggi e riproducendo battaglie ed eventi in una maniera così vivida da lasciare spesso senza fiato noi che guardiamo, a distanza di decenni, i suoi splendidi lavori.


Russell ha avuto la fortuna di vivere a cavallo di due secoli, nei decenni che meglio hanno rappresentato il cambiamento dell’ovest; ha avuto informazioni di prima mano su alcuni personaggi del vecchio west ed è cresciuto, anche professionalmente, completamente immerso nella grande frenesia di eventi anche tragici che noi oggi possiamo “rileggere” nelle sue tavole. 


Oggi non ci resta che immergerci nel west di Charles Russell, gustando i dettagli dei suoi capolavori, immaginando la vita, talvolta pericolosissima ma sempre avventurosa, di quel tempo.





martedì 24 marzo 2015

Piccolo, Grande Aaron


Film ispirato dal  romanzo di formazione di A.E. Hotchner,  ambientato nella St. Louis del 1933
dove un dodicenne vispo con fratellino a carico si mantiene a galla, mentre la mamma si trova in sanatorio e il babbo parte per un lavoro fuori città.
Un viaggio costellato di personaggi pittoreschi (l'epilettica, la maestra materna, Lester il buon delinquente, il poliziotto razzista, il crudele fattorino), perfettamente incastonati a mosaico in una serie di quadretti tragici o spiritosi, amari o affettuosi, dove l'inventiva e la classe si sposano a meraviglia. 


L'allegoria associa il superamento della crisi da parte di un ragazzo coraggioso, ricco di calore e fantasia, al sorpasso delle difficoltà insite in un preciso periodo storico americano.
La Grande Depressione vista con occhi infantili e l’ambientazione  di un America da cartolina d'epoca.



martedì 10 marzo 2015

Fred Herzog


Costretto ad evacuare da Stoccarda durante il bombardamento aereo della seconda guerra mondiale e morti i  genitori, abbandonò la scuola e trovò lavoro come marinaio.
Emigrò in Canada nel 1952 vivendo per un breve periodo a Toronto e Montreal fino a trasferirsi a Vancouver nel 1953, dove la passione per la fotografia si trasformò in professione.
Il suo lavoro si concentra principalmente sulla quotidianità, la classe operaia, la città. 


Ha lavorato principalmente con pellicola per diapositive (Kodachrome), ciò lo ha limitato nella capacità di esporre ed emarginato come artista durante gli anni 1950 e ’60, quando la maggior parte dei lavori esposti era in bianco e nero. Tuttavia, negli ultimi decenni ha ottenuto sempre più riconoscimento. Noto principalmente per le sue immagini di strada realizzate a Vancouver, i suoi lavori sono apparsi in numerosi libri e gallerie e fino ad oggi ha realizzato più di 80.000 fotografie.








domenica 1 marzo 2015

Anita O’Day




Impossibile condensare in poche righe una carriera durata ben settant’anni come quella di Anita O’Day, una delle più grandi cantanti nella storia del jazz e, soprattutto, personaggio votato alla perenne ricerca dell’autodistruzione ma, allo stesso tempo, traboccante di voglia di vivere, in una strabiliante serie di alti e bassi che non sono mai comunque riusciti a intaccare quello che, senza alcun dubbio, può definirsi come il tocco del genio.




Leggenda dell'era delle big-band, è stata l'unica bianca in grado di competere nelle acrobazie scat (tecnica di canto jazz usata per l'improvvisazione vocale che utilizza una quantità indeterminata di fonemi a scelta dell'interprete. Il cantante fa a meno del testo e inventa un suo particolare proto-linguaggio funzionale alle proprie invenzioni ritmico/melodiche).

Anita Bell Colton cambia il suo cognome negli anni '30  in O'Day (che in slang significa quattrini) e comincia a cantare nei  jazz club.
Dopo varie esperienze nello show biz, provini con le orchestre blasonate di Benny Goodman, che l'avevano giudicata inadatta al canto, entra finalmente nell'orchestra del batterista Gene Krupa, band leader di big band jazz ed esponente di primo piano dell'età del jazz, uno dei primi batteristi ad acquisire una vasta popolarità e con cui suonerà dal '41 al '42 .
Da ricordare il loro "Let me off uptown" che divenne un popolare successo.
Negli anni quaranta Anita venne eletta dalla rivista "Down Beat"come tra le prime cinque cantanti di big band.
Dotata di uno swing irresistibile, una pronuncia perfetta e un fraseggio conturbante, nel suo  periodo d'oro Anita sfoggiava humour e classe da regina.


Il grande successo arrivò alla fine degli anni '40.  Il suo album «Anita»,  elevò la sua  carriera verso uno stabile successo.
Lavorò con Louis Armstrong, Dinah Washington e Thelonious Monk. Anita O'Day è stata la più sofisticata e grande cantante  jazz di pelle bianca, l'unica che possa essere paragonata alle supreme Fitzgerald, Holiday e Vaughan. Tra i suoi successi più famosi vi  sono "Sweet Gorgia Brown", "Honeysuckle Ros", "And Her Tears Flowed Like Wine" e "Tea for  Two".

A Newport nel 1958 incantò tutti con la sua memorabile apparizione al Newport Jazz Festival immortalata nel film "Jazz On A Summer's Day" con le interpretazioni di "Tea For Two" e "Sweet  Giorgia Brown" .




La sua vita pero' non fu quasi mai serena. Piu' volte fu arrestata per possesso di  stupefacenti e per ubriachezza, tanto da essere ribattezzata la ''Jezabel del jazz”. 
E' stata poi un'innovatrice dello stile, prima artista a rinunciare all'abito da sera per le sue esibizioni e a indossare piu' semplicemente completi giacca, camicia e cravattino, i capelli raccolti, la gestualità  determinata, imporrà un'estetica assolutamente innovativa e provocatoria per i tempi,  rappresentando la negazione dello stereotipo femminile, tutta ancheggiamenti e seduzione,  tanto da far sospettare una sua celata omosessualità.  
Anita O'Day rivoluzionò il canto delle grandi orchestre, quando le cantanti erano incendiate dai solisti  della tromba e dal bopping insistente del piano, rimase attiva fino a tarda età.  
Il 23 novembre 2006 Anita morì nel sonno la notte del Giorno del Ringraziamento, in un ospedale di West Hollywood.



martedì 24 febbraio 2015

Milton Mezzrow - Ecco i blues





Il Sassofono l’ho imparato a suonare nel riformatorio di Pontiac. Pontiac era chiamata  “la scuola”, perché accoglieva solo ragazzi; io ne ho frequentate di scuole del genere, scuole che non si trovano mai elencate nella lista dell’associazione dei genitori e degli insegnanti. Tre prigioni e le più svariate sale da gioco furono le mie scuole medie; il bordello fu l’università, e la laurea l’ho presa fra la taverna, la sala di ballo ed altri luoghi non ben visti dalla legge. Pontiac, dunque , non è stata che l’asilo per me”. 

Negli scaffali polverosi di un negozio di libri usati un giorno mi sono imbattuto nell’autobiografia di Milton Mezzrow, ebreo russo cresciuto nella Chicago di inizio secolo. Sassofonista e clarinettista,  ricordato  soprattutto per aver dato vita ad alcune storiche registrazioni jazz e per la sua lunga  amicizia con Louis Armstrong, al quale per un periodo fece anche da manager.
Oltre ad esser stato un valente jazzista, Mezzrow diventerà famoso nei bassifondi di Chicago come spacciatore di marijuana, tanto che la parola “Mezz” diverrà ben presto il termine slang per indicare il suddetto stupefacente. Erano anni in cui marijuana ed oppio, soprattutto tra i musicisti, circolavano parecchio. 


Questo libro rappresenta l’attestato formale di nascita del Jazz, la testimonianza diretta di uno dei protagonisti che ha visto compiersi la prima grande rivoluzione della storia della musica. Certamente Mezzrow c’è stato dentro, si è sporcato le mani, ha assorbito mentalità, idee, meccanismi, atmosfere. Un vero romanzo di formazione, un’autobiografia legata alla “cattiva strada”, in cui  traspare la cultura Americana dell’epoca. Un libro duro, nudo e crudo, avvincente perché vero. La rabbia del Jazz, la malinconia, l’entusiasmo. Un caleidoscopio di prigioni, improbabili locali, spacciatori, prostitute, Jazzisti maledetti.


“ … Adesso, qualche volta, quando suono quei dischi, e chiudo gli occhi, e mi faccio dominare da quegli strani lamenti, comincio a piangere e mi dico: amico, forse ce l’hai fatta, forse questa è vera musica. E mi metto a pensare che un giorno o l’altro il caro e vecchio Louis, il magnifico Louis Armstrong, udrà questa mia musica e allora capirà come e per che cosa io abbia combattuto tutti questi anni, e forse la nostra antica amicizia tornerà ancora a brillare. E quando creperò non voglio che nessuno porti il lutto per me. Prendete il mio corpo, mettetelo in una fornace, e quando sarò ridotto a un pugno di cenere, prendete questa cenere e fatela fondere con un po’ di cera e fatene un disco che rechi l’etichetta “King Jazz”. No, non scriveteci sopra “D.A” (tossicomane), scriveteci semplicemente ”qui giace Mezz, finalmente a casa”. E su una faccia incidete “Gone Away Blues”, sull’altra “Out Of The Gallion”, e poi speditelo ad Harlem, datelo a qualche moccioso monello che non abbia i soldi per entrare all’Apollo a comprarsi un bicchiere di birra. Si metterà a suonare quel disco e continuerà a suonarlo, una due tre volte, finchè non l’avrà spezzato".                                                                                                                    
 Milton “Mezz” Mezzrow

domenica 22 febbraio 2015

Judy Henske






Soprannominata "la Regina dei Beatniks,Judy Henske, cantautrice americana,  fu scoperta da Jac Holzman, capo dell'Elektra, a New York, quando frequentava il Greenwich Village.
La sua voce così potente da far venire la pelle d’oca (Billie Holiday, Bessie Smith) e la sua personalità dirompente, l’hanno resa un classico esempio di talento non corrisposto al successo.


Il suo album di debutto risale al 1963 per poi far  uscire nello stesso anno "High Flying Bird", uno dei primi dischi folk in assoluto a utilizzare una sessione ritmica.
Dopo gli esordi come musa folk nei locali di San Diego, pubblicò un disco di  psichedelia "Farewell Aldebaran" (1969) e quindi si ritirò a vita privata già nei primi anni Settanta, anche se continuò a scrivere canzoni.



Negli anni novanta torna sulle scene e pubblica altri due album Loose In the World (1999) and She Sang California (2004) ed è apparsa nel documentario tributo a Phil Ochs.
Ora la cantante abita a Pasadena, e di tanto in tanto si esibisce ancora in compagnia del marito, Craig Doerge.


sabato 14 febbraio 2015



Dave Van Ronk


Dave Van Ronk ha vissuto tra una nave da carico mercantile e un viaggio in macchina con le mani gelate, tra un palco e lo sgabello di un pub, tra un circolo politico e un parco in cui mettersi a cantare a squarciagola.
Il suono è quello di una generazione che vedeva le cose in un certo modo, che sentiva la grandezza della tradizione popolare dei propri nonni, come un patrimonio da riproporre nelle canzoni che portavano i ricordi e gli odori di terre lontane.


Lo stile è quello di un uomo che ha passato la vita intera su di un palco a cantare di storie, di vite, di feste. La storia è quella di qualcuno a cui, “chissà perché, offrono sempre da bere una birra e mai da mangiare qualcosa”.

Dave Van Ronk nasce il 30 giugno del 1936 a New York, nel quartiere di Brooklyn. Trasferitosi, a quindici anni, nel Queens inizia a suonare nel Barbershop Quartet, un quartetto che è solito esibirsi all'interno degli esercizi dei barbieri. Lasciata la scuola prima di concludere gli studi, si barcamena tra le vie di Manhattan per qualche anno, spostandosi poi nel Greenwich Village, non lontano da casa. 


Dopo una breve esperienza a bordo di navi della marina mercantile come marinaio, si esibisce nella Grande Mela al seguito di orchestrine jazz tradizionali. Nel giro di breve tempo, tuttavia, Dave Van Ronk preferisce orientarsi verso il blues, che anni prima aveva ascoltato direttamente da artisti come Mississippi John Hurt e Furry Lewis.
Divenendo sempre più conosciuto grazie a uno stile interpretativo molto personale, in virtù dell'accompagnamento con la chitarra acustica, nel 1959 ha l'opportunità di registrare, per l'etichetta Folkways Records, il suo primo disco, intitolato "Sings ballads, blues & a spiritual". 

Nel corso degli anni Sessanta Van Ronk diventa un sostenitore del movimento orbitante nell'area della sinistra radicale a supporto delle cause per i diritti civili.
In quegli anni pubblica, tra l'altro, "Dave Van Ronk. Folksinger", "Inside Dave Van Ronk", "No dirty names" e "Dave Van Ronk and the Hudson dusters". Coinvolto suo malgrado, alla fine del decennio, nei Moti di Stonewall, viene arrestato e messo in carcere per un breve periodo. Uscito di prigione, torna in sala di registrazione, con "Van Ronk" e "Songs for ageing children". 


Nel 1974 prende parte a un concerto, insieme con Bob Dylan, Arlo Guthrie e Pete Seeger, organizzato da Phil Ochs per sostenere i rifugiati politici cileni in seguito al colpo di stato di Augusto Pinochet. Successivamente  la sua produzione si dirada. Nel 1985 gli viene assegnato il Premio Tenco alla carriera, dà alle stampe "Going back to Brooklyn". 


All'età di 65 anni, il 10 febbraio del 2002 Dave Van Ronk muore a New York, a causa di un'insufficienza cardiopolmonare, dopo essersi ammalato di cancro al colon: non fa in tempo, a concludere il libro di memorie che in quei mesi stava scrivendo insieme con Elijah Wald, intitolato “Il sindaco di MacDougal Street"(come era soprannominato), che verrà pubblicato postumo tre anni più tardi. Al Village, una parte di Sheridan Square viene rinominata nel 2004 Dave Van Ronk Street in sua memoria.
Nel 2013, i fratelli Coen presentano al Festival del Cinema di Cannes il film "Inside Llewyn Davis", che vede come protagonista un cantautore folk evidentemente ispirato a Van Ronk, protagonista eccezionale e indimenticato del Village newyorkese a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta.



martedì 10 febbraio 2015



C.W Stoneking - ''Jungle Blues''

 

Dire che l’australiano C.W Stoneking nella sua vita ne ha fatte e viste di tutti i colori non è affatto un esagerazione. Arriva in giovanissima età nella terra dei canguri con la famiglia proveniente dagli Stati Uniti e lì inizia presto a suonare blues per le strade di Melburne. Per un certo periodo vive anche con gli aborigeni e nel 1998, come se non bastasse, è superstite di un naufragio a largo della costa dell’Africa occidentale. Ispirata in parte da queste incredibili esperienze la sua esoticissima ''jungle music'' o ''Jungle Blues'' che poi è anche il titolo del suo ultimo album pubblicato dalla King Hokum, rivisita e rinvigorisce il cosidetto pre-war blues, il jazz di New Orleans, l’hillbilly, il calypso (che da buon viaggiatore apprende direttamente a Trinidad) e in generale tutti i suoni degli anni 20 e 30.


 Accompagnandosi con la sua fedelissima chitarra National Reso-Phonic (o dal banjo) Stoneking cattura l’immaginazione con la sua voce lamentosa e nostalgica e con narrazioni vivaci.

Collaudato dalla stupefacente banda “Primitive Horn Orchestra” (tuba, trombone, cornetta, contrabasso e batteria) l’australiano snocciola i suoi Hokum (tecniche di intrattenimento musicale divertenti che si basano su monologhi e dialoghi incentrati sull’equivoco e su simpatici doppi sensi, ma anche sulle disavventure e le disgrazie della vita) e i suoi esotici Jungle che rimandano immediatamente a figure storiche come Cab Calloway (''Jungle Lullaby''). 


La musica sembra continuare a gracchiare in sottofondo come se uscisse da qualche vecchia registrazione impolverata, tanto che verrebbe voglia di chiedersi tra lui e il blues chi dei due abbia trovato chi. 
Ma in fondo, a pensarci meglio che importanza può avere se sei bianco o se sei nero, se vivi in Australia o a New Orleans, se lo fai nel 1927 o nel 2015 quando ti chiami C.W. Stoneking e hai il blues nel sangue?



Russell Lee

(Ottawa, 21 luglio 1903Austin, 28 agosto 1986) è stato un fotografo statunitense, conosciuto principalmente per il suo lavoro per la Farm Security Administration e le sue immagini eccellenti documentanti l'etnografia di varie classi e culture americane.









martedì 27 gennaio 2015

            Rube Bloom & His Bayoo Boys                Mysterious Mose


 

venerdì 2 gennaio 2015



Nebraska


Woody Grant ha tanti anni, qualche debito e la certezza di aver vinto un milione di dollari alla lotteria. Ostinato a ritirare la vincita in un ufficio del Nebraska, si avvia a piedi dalle strade del Montana. Fermato dalla polizia, viene 'recuperato' da David, figlio minore occupato in un negozio di elettrodomestici. Sensibile al desiderio paterno e dopo aver cercato senza successo di dissuaderlo, decide di accompagnarlo a Lincoln.


Contro il parere della madre e del fratello Ross, David intraprende il viaggio col padre, assecondando i suoi capricci e tuffandosi nel suo passato.
Nel percorso, interrotto da soste e intermezzi nella cittadina natale di Woody, David scoprirà i piccoli sogni del padre, le speranze svanite, gli amori mai dimenticati, i nemici mai battuti, che adesso chiedono il conto.


Nebraska è una ballata folk che unisce la bellezza e l'amore di un figlio per il proprio genitore, sullo sfondo di un'America riprodotta in una spoglia poesia di chiaroscuri, verso le radici, davanti ai dilemmi di tempi paradossali e senza riferimenti.